I Poeti di Ponte Vecchio

L’oscurità 

L’oscurità preme sui miei occhi; mi avvolge leggera e corroborante. Mi invita come una sirena ammalia il pescatore. Ti vedo nella mia tenebra, acquattato all’angolo della mia periferica limitata, di questo cosmo che chiamiamo mondo. Ho udito il tuo arrivo ma non speravo nella tua apparizione. Con il velo dell’oblio che ti copre mi tendi il tuo palmo ed io, intrigata dal tuo richiamo, allungo il mio, agognando il tuo tocco come se fosse il manto dell’ottenebramento che ho sempre bramato. Oh Signore oscuro hai sentito la mia ode nel crepuscolo? Io credo di sì. Ma sarà duraturo questo nostro incontro? Non possiamo conoscerne l’esito, ma possiamo comunque pensare che, se anche fossimo separati dal riverbero della luce, potremmo ricongiungerci nell’attimo che la vita terrena cesserà. E torneremo, insieme, alla nostra vera origine: l’oscurità eterna.

Nel buio 

La vedi la luce? No e perché mai dovrei… Io bramo il buio, la tenebra, l’oscurità che scende nell’ora del crepuscolo. Non trovo sollievo nel giorno. La notte è sempre stata, come i miei libri, l’unica amica che mi ha donato qualcosa di prezioso. Nell’infinite ore notturne ho conversato con me stesso, visto abitanti di mondi che l’uomo comune vede solo nei suoi incubi peggiori, e che scorda al suo risveglio. Ho avuto paura? No affatto! Perché loro sono stati più leali nelle loro intenzioni, più di tutti gli esseri umani che dialogano con me nel mentre del dì. La verità, è che ho apprezzato più la loro infernale compagnia, di tutto il resto di questo falso ed ipocrita mondo.

Girone infernale 

Maledetto e infame tempo. Dilata i minuti e i secondi facendoli diventare inferno. Il mio pensiero non ti sfiora neppure, mentre il tuo permane perpetuo sul mio corpo. Scandisce l’atrocità della tua assenza, conferma l’implacabilità del tuo silenzio. Ogni minuscolo frammento separati, è come una tortura per noi dannati. Un girone in più all’inferno che sarà mai? Ma ho idea che un nuovo livello di dolore si prospetti all’orizzonte, come fiamme insopprimibili di atroci sofferenze. Giammai se potessi ti dimenticherei, il fato è tratto e nulla di quello che dire, potrebbe mai cancellare le ire funeste dei miei dei.

Senza te 

Stare insieme a te e poi… non più. È una condanna all’ergastolo. Vedo tutto attraverso le sbarre della mia prigione. Tutto ha perso sapore. Tutto ha perso colore. Tutto sempre viaggiare senza neppure sfiorarmi, toccarmi o coinvolgermi. Vuoto ed annientamento ovunque. Termine della condanna… mai. Mi ritrovo in un posto senza ricordare come ci sono arrivata. Dico cose che non ricordo di aver detto. Non riconosco più il giorno, la notte, le persone, i luoghi. Non vedo più sfumature di colori o luce. Solo un’opprimente e eterna tenebra. Ti sei portato via tutto: il mio cuore, la mia anima, ogni cosa. È rimasta solo carne in movimento che parla e agisce come un automa. “Respira corpo, respira” l’unico input che il mio cervello invia alle mie sinapsi. E poi il vuoto… Nulla a parte l’eco della tua voce, l’immagine del tuo volto, le sensazioni delle tue labbra e delle tue braccia. Il tuo corpo fuso con il mio. E la voragine nel petto che si espande, veloce e famelica, intensificando la tua assenza e il mio dolore.

Gocce 

La pioggia sferza il cielo, e le gocce scivolano sul finestrino. Le guardo ipnotizzata, pensando a quanto effimera sia la loro durata. Siamo tutti così temporanei in questa vita terrena. Ci affanniamo di qua e di là come api impazzite. Annichiliti dalla superficialità. Imprigionati dalla moralità. Soggiogati dalla socialità. Quest’anima mia non comprende tutta questa frenesia, le catene che imprigionano l’impossibilità di godere degli attimi che scivolano via. Dovremmo essere più coscienti che in un’instante tutto potrebbe svanire. Essere più liberi nei nostri sentimenti, nei nostri desideri, fedeli a noi stessi. Apprezzare il periodo che ci viene concesso, ma rammentandoci della fragilità di quel lampo. Perché siamo tutti gocce di pioggia che scivolano sui vetri della vita. Discendiamo. Sostiamo. Cadiamo e curviamo. Approdiamo infine al momento che il tempo cesserà, ma starà a noi dare al percorso che farà la nostra goccia la valenza della pena. Così che nell’attimo del trapasso non dovremmo annegare nel rimpianto.

Montagne russe 

Alti e bassi. Fuoco e ghiaccio. Che caleidoscopio di vibrazioni siamo, in questo mondo malsano. Ci basta un nonnulla per farci deprimere, e un niente per innalzarci alle stelle. “Per Aspera ad Astra” dicono, attraverso le asperità fino alle stelle… Ma quanto è impervio e altalenante questo sentiero che porta alle stelle, costellato di sassi che ci feriscono la pelle. Montagne russe scoscese e struggevoli, che ci fanno desiderare solo cose stucchevoli. Il mondo ti fa desiderare di essere qualcun altro, ma solo se sei te stesse raggiungerai il traguardo. Poi trovarti nella completa solitudine, ma con la consapevolezza di seguire il tuo intuito. Non indugiare oltre, cammina a testa alta, e vedrai che la scala non ti sembrerà più così alta

I libri 

A volte l’unica cosa che vorrei è immergermi all’interno di un libro e spegnermi dentro di esso. Amici silenziosi e leali i libri. Ci sono sempre. Non giudicano. Non feriscono. Non bramano di adulterare le loro vere intenzioni. Nelle ore silenziose trascorse all’unisono, la mia anima ha sempre trovato pace e ristoro, che nessun’altra cosa o persona potrà mai sostituire. Insemprarsi a leggere, immersa nell’armonioso suono delle parole, nell’arrendevoli visioni immaginarie. L’amore puro e incondizionato che ci lega non sarà mai effimero o passeggero. Durerà anche quando non sarò più viva, perché su ogni riga letta ho lasciato un frammento della mia anima. Mi hanno salvato molte e più volte, e l’unica cosa che mi è concessa dalla mia umana mortalità, è di poter esistere e ringraziarli nell’unico modo che conosco: le parole.

Cielo 

Vedo il cielo. Eccolo laggiù tra i rami dei sempreverdi. Libero, fiero e indomito. Quando è felice è limpido e cristallino, quando è incollerito fa sentire la sua ira attraverso fulmini e saette. E quando è triste? Ammanta il mondo con il suo grigiore facendoci patite le sue lacrime con una pioggia sottile ma penetrante. Non siamo ordunque tutti un po’ cielo? Sferzati da cambiamenti climatici, mutevoli e umorali. Sì ma l’incanto sta nella leggiadra libertà, nel sospiro della sovranità. E chi è lo sciocco che non vorrebbe essere te? Così implacabilmente infinito, così umoralmente ardito. Puoi vagabondare tra città e monti, tra mari e villaggi. Tu non conosci paura, né confini o impedimenti. Ti espandi fino ai limiti del mondo e della fantasia e come l’anima fluisci nel cosmo. Oh cielo, se è pur vero che siamo limitati dal tempo della nostra mortalità, possiamo allietarci con la consapevolezza, che la nostra anima ha la stessa essenza della tua. E anche se le nostre spoglie un giorno moriranno, il nostro soffio vitale vivrà in te in continuità.

La quiete 

Questa quiete. Placido riposo della mia anima tormentata così a lungo. Mai sperimentata una distensione, una pacatezza così assoluta. Al sorgere del sole mi desto serena, e nelle ore della notte, ove era sempre terrificante trascendere, dormo serafica nel mio giaciglio. È ordunque questa la spensieratezza? Patria ove la quint’essenza dell’anima trova dimora? Se questo è il luogo dove risiede utopia, allora né farò casa mia, perché è qui il luogo dove voglio stare. Dove il bozzolo, caldo e accogliente, mi ha rimembrato un antico sentimento, che la mia mente e il mio cuore avevano scordato per il troppo supplizio. Oh dolce vita, sei venuta a me per rimanere? Auspico di sì. Perché ora che sei qui, ora che ho rammentato, non potrei più vivere nella tua assenza.

Sogni 

Ah i sogni… Nuvole bianche nel cielo, di forme e profondità della propria fantasia. Motore di ogni vita umana; fuoco dirompente che fa vibrare il nostro cuore e innalzare la nostra anima. E inattuabile vivere senza sognare. I sogni ci rendono impavidi, talvolta impulsivi, talvolta ciechi. Ci fanno commettere errori, ci portano a dei fallimenti; ci impongono di rischiare tutto ciò che siamo, tutto ciò che abbiamo. Ma è la passionalità dei sogni che rende il mondo, la vita, la nostra mortalità, così inestimabile e di valore. Senza di essi saremo solamente involucri di carne. Parassiti che infestano questo mondo, senza dare il giusto risarcimento a quell’essere divino, che sia l’Universo o qualsivoglia Dio, di questo prodigioso dono che è l’esistenza

Passione 

La passione alleggia in tutti noi, sopita e in agguato. E sebbene indesiderata e inaspettata, si accenderà ed esploderà incontenibile, dinanzi alla persona predestinata. Spalancherà le fauci e griderà con la forza di un uragano. La passione è la fonte di ogni sogno, della scintilla della vita, dell’apoteosi della nostra massima aspirazione. È la fonte dei momenti migliori, puri e incontaminati. È la dirompente gioia dell’amore vero. La lucidità della consapevolezza. È la glorificazione del dolore, se imbrigliata o recisa prematuramente. La passione del vero amore può uccidere, bruciare ogni cosa, lasciando solo cenere dietro di sé. Potremmo soffocarla e vivere senza, conoscendo la pace o l’assenza di ogni scopo. Ma saremo essere futili, inutili, vuoti. Senza la passione saremo come morti. Nessuno scopo, nessuna scintilla. Automi di carne, che viaggiano su due gambe fino alla fine della nostra esistenza.

Semplicemente… Io 

Sono cresciuta attraverso il cemento, guardando la vita con grande sgomento. Dove avrebbero dovuto esserci carezze, ci sono state solo enormi amarezze. Ho attraversato dolore, sofferenza, insicurezza ed abbandono, ma non per questo non posso concedermi il perdono. Attraverso queste asperità ho conosciuto me stessa. Posso essere vento e diventare uragano. Posso essere fuoco e diventare vulcano. Posso essere acqua e dissetare. Posso essere terra e far tremare. Posso essere questo e molto più, basta che io faccia di ogni dolore una mia virtù. Ora che ho il consenso del mio io interiore, voglio abbracciare e godere di questa nuova versione. Rinascere, come il fiore di ciliegio, nella novella della mia prossima primavera, per non guardare più con paura e omertà l’avvenire, ma essere fiduciosa di poter pervenire, un’esistenza nella sua più completa consapevolezza, della sua immensa e totale valenza. Ora che ho appreso la mia natura turbolenta e focosa, niente si interporrà tra me e la mia mente imperiosa.